Stiamo assistendo con preoccupazione e con un frustrante senso di impotenza alle vicende che stanno segnando l’Afghanistan in questi giorni.

Il ritorno dei talebani, seguito da un’ondata di violenze, è quanto sta accadendo a vent’anni dall’attentato delle Torri Gemelle di New York, e conseguentemente dall’inizio dell’invasione americana dell’Afghanistan. Ne ho scritto nel mio libro, “Dentro l’onda”, che parla anche dei dolorosi fatti dell’11 settembre 2001: tante volte, anche durante le presentazioni, ho ribadito che quel giorno aveva segnato in modo ineluttabile il passaggio da un’epoca all’altra della nostra storia e della geopolitica mondiale, senza possibilità di ritorno. Parliamo di un “prima” e di un “dopo” l’11 settembre. E di conseguenze si riflettono ancora oggi sullo scenario mondiale, anche se – prima di questi convulsi giorni di agosto – sembravamo essercene dimenticati.

Quello che sta accadendo in questi giorni ne è il segno più evidente: nonostante siano passati vent’anni, le conseguenze dell’attentato delle Torri Gemelle e dell’invasione americana dell’Afghanistan continuano a influenzare le sorti del mondo.

Ecco alcuni passaggi del mio libro in cui parlo proprio di questi fatti.

“Il commercio inevitabilmente ne avrebbe sofferto e sarebbe cambiato. Quello che era successo quel giorno, pensai subito, avrebbe avuto ripercussioni mondiali per decenni e avrebbe influenzato economia, politica, religione, ogni aspetto della nostra vita”

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“Il presidente Bush sta ora cercando di proteggere i confini, lanciando un’offensiva contro gli stati canaglia ed ottenendo un largo consenso per l’invasione dell’Afghanistan. Prossimamente è facile immaginare che gli Stati Uniti cercheranno di chiudersi. La movimentazione delle merci diminuirà sicuramente e ci avvieremo verso una fase di riduzione delle attività economiche. Dovremmo ripensare al futuro della nostra terra, ma non sarà facile. Vedo quindi problemi per le attività come le nostre e anche per gli stranieri che vogliono vendere i propri prodotti negli Usa. Vedremo come sarà la politica nazionale economica e finanziaria dei prossimi anni, ma non sono ottimista”.

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“Nel frattempo l’attività del presidente Bush si era concentrata sul tentativo di eliminare il terrorismo islamico, anche con il pretesto di portare avanti una politica che mirava agli interessi di una potenza economica, uniti a quelli privati.
La notizia più importante di cui parlai con mio figlio fu che stava cominciando una guerra difensiva contro la minaccia distruttiva del terrorismo di Al-Qaeda. Si stavano di nuovo concretizzando due tesi negli Stati Uniti.
La prima vedeva una politica finalizzata, anche con l’intervento armato, a difendere gli interessi economici americani e di tutti gli alleati.
La seconda spiegava che vi era sempre stata coincidenza tra l’interesse americano e degli alleati per il progresso generale dei popoli e la stabilità della democrazia nel mondo”.

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“Il mondo è cambiato. La nostra vita è cambiata. L’attentato alle Torri Gemelle ha sconvolto la geopolitica. Nessuno di noi quattro oggi è in grado di prevedere con certezza in che città passerà i suoi prossimi dieci anni”

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“Mi resi subito conto che, con quello che era successo, il mondo era destinato a cambiare. Gli Stati Uniti non sarebbero mai più stati il paese della libertà. Pensavo che fossimo giunti così alla fine della globalizzazione, che sarebbero cambiati i rapporti di forza tra nazioni, e che sarebbe arrivata la guerra, di nuovo”.

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“Tony Blair, eletto primo ministro già da diversi anni, aveva da subito introdotto il New Labour con l’obiettivo della giustizia e della coesione sociale, ma anche la pari opportunità tra cittadini uguali, liberi di esprimersi e di competere.
Ciononostante, pur avendo vinto nuovamente le elezioni del 2001, fu accusato di aver accettato a occhi chiusi il capitalismo e di aver troppo sostenuto la politica dell’amministrazione Bush, partecipando prima all’invasione afghana e poi a quella in Iraq”.

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“Ci chiedemmo se fosse un problema di religione, di geopolitica, di una volontà contraria al mondo globale. Qualcuno voleva chiudere quello che si era aperto in questi ultimi anni. Perché gli attentati negli Usa potevano spiegarsi con l’intervento americano armato fuori dei propri confini, ma gli altri attentati, organizzati in giro nel mondo e anche qui in Europa a Londra, dovevano interpretarsi in relazione a una mancata condivisione della geopolitica da parte di altri stati?”